Il ruolo della vitamina D e il suo consumo abituale tra gli individui adulti in Italia
La vitamina D è un nutriente essenziale che svolge molteplici funzioni nel nostro organismo. Il suo ruolo principale riguarda il metabolismo osseo: regola l’assorbimento del calcio nell’intestino, favorisce la mineralizzazione dello scheletro e partecipa attivamente al rimodellamento delle ossa. È quindi cruciale per prevenire disturbi come l’osteoporosi e l’osteomalacia.
Oltre al suo ruolo primario nell’intestino, dove potenzia l’assorbimento del calcio attraverso specifiche proteine, è coinvolta in numerosi altri processi fisiologici. Partecipa alla regolazione della risposta immunitaria, influenza i processi infiammatori e interviene nella crescita cellulare. Questa versatilità è possibile grazie alla presenza di recettori specifici in molti tessuti del corpo.
Le fonti di vitamina D
La vitamina D proviene principalmente da due fonti: la sintesi cutanea e l’alimentazione.
La pelle, esposta ai raggi solari, è responsabile di circa l’80% del fabbisogno, mentre il restante 20% deriva dal cibo. La produzione cutanea è un processo complesso che parte dal deidrocolesterolo e porta alla formazione di vitamina D3, influenzato da vari fattori come l’intensità dell’esposizione solare, il colore della pelle e l’età.
Gli alimenti che contengono vitamina D
Gli alimenti contengono due forme di vitamina: D2 (ergocalciferolo) e D3 (colecalciferolo).
Purtroppo, le fonti alimentari sono limitate. I pesci grassi come salmone e tonno, insieme ai funghi esposti ai raggi UV, sono tra le fonti più ricche. Altri alimenti come uova, latticini e carni contengono quantità modeste, mentre frutta, verdura e cereali ne sono privi.
La carenza di vitamina D
La carenza di vitamina D rappresenta un serio problema di salute pubblica. È particolarmente diffusa tra le donne in gravidanza, le persone obese e chi ha una limitata esposizione solare.
In Europa la situazione è preoccupante: circa l’80% delle donne presenta livelli insufficienti di vitamina D, con picchi di carenza durante i mesi invernali.
Lo studio in Italia
Nei dati raccolti da un questionario sulla frequenza alimentare (FFQ) specificamente progettato per valutare l’assunzione alimentare di vitamina D, è stato osservato che in un piccolo gruppo di soggetti sani di entrambi i sessi, residenti nell’Italia centrale, l’attuale assunzione alimentare era significativamente al di sotto della dose giornaliera raccomandata.
Al fine di ampliare questi dati preliminari e con l’obiettivo di valutare in che misura il cibo possa contribuire allo stato della vitamina D, è stata condotta un’indagine su una coorte più ampia e rappresentativa della popolazione italiana.
Lo studio ha utilizzato un questionario FFQ a 14 giorni per raccogliere dati dettagliati sui partecipanti, come età (tra 40 e 80 anni), sesso, occupazione, istruzione e regione di provenienza, oltre a informazioni su diete specifiche e condizioni mediche preesistenti.
Risultati
Lo studio ha rivelato un’assunzione media giornaliera di vitamina D significativamente inferiore ai valori raccomandati. Il pesce è risultato esserne la fonte principale, nonostante il suo consumo limitato a 1-2 volte a settimana.
L’assunzione è risultata particolarmente bassa nei vegetariani e vegani, così come nei pazienti con osteoporosi e disturbi oncologici. L’esposizione solare non può essere sufficiente, specialmente durante l’inverno.
Conclusioni
I risultati sono in linea con studi simili condotti in altri paesi, dove l’assunzione di vitamina D risulta generalmente insufficiente. Per contrastare questa carenza diffusa, è fondamentale adottare un approccio multifattoriale: l’implementazione di politiche sanitarie educative e strategie di fortificazione degli alimenti, oltre all’uso di integratori quando necessario, specialmente per i gruppi a rischio.
In particolare, nei paesi dove gli alimenti non sono fortificati con vitamina D, come l’Italia, diventa cruciale prestare particolare attenzione all’assunzione di questo importante nutriente.
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