Vitamina D e obesità in gravidanza: effetti sul feto
Un team di studiosi ha valutato gli effetti dell’associazione tra le concentrazioni di vitamina D durante il primo trimestre di gravidanza, obesità ed effetti sulla crescita fetale.
La carenza materna di vitamina D è un problema di salute pubblica mondiale, con una prevalenza stimata che va dal 18 all’84% tra le donne in gravidanza: da alcune ricerche condotto negli ultimi anni, pare che sia emersa un’associazione tra il deficit di questa preziosa vitamina durante la gestazione e un aumento del rischio di preeclampsia, diabete gestazionale, taglio cesareo primario, parto pretermine e basso peso alla nascita.
Tuttavia, le prove sull’associazione tra i livelli di vitamina D e gli esiti della gravidanza sono contrastanti. Una recente rassegna di revisioni sistematiche sull’efficacia dell’integrazione di questa vitamina sugli esiti perinatali non ha mostrato alcun beneficio significativo, seppur sembra che possa sortire effetti positivi su alcuni dei rischi precedentemente elencati.
Invece, è stata dimostrata un’associazione tra i livelli di vitamina D della madre e sviluppo osseo fetale. La carenza sembra associarsi non solo alla riduzione delle dimensioni della nascita del bambino, ma anche ad altre conseguenze avverse per la sua salute come rachitismo, problemi scheletrici, diabete di tipo 1, schizofrenia e asma.
Tra i fattori di rischio per la carenza di vitamina D, emerge senz’altro l’obesità materna. Gli autori hanno osservato che l’obesità pregravidanza sia indice di uno scarso stato di vitamina D nelle madri e nei loro neonati, la causa è probabilmente correlata “al sequestro di VitD3 nel tessuto adiposo con diminuzione della biodisponibilità di VitD”, precisano. E le statistiche indicano che sovrappeso e obesità siano diventate sempre più comuni tra le donne in età fertile. Sia nei paesi in via di sviluppo che in quelli sviluppati.
Pertanto, lo scopo dichiarato di questo studio era di valutare la relazione tra i livelli circolanti di vitamina D materna e la crescita fetale precoce, in donne obese e normopeso.
Studio ed esiti
Questo studio di coorte retrospettivo ha incluso 15.651 donne con gravidanza singola che hanno partorito presso l’International Peace Maternity and Child Health Hospital, a Shangai, tra gennaio 2015 e novembre 2016.
Le donne sono state classificate in due gruppi in base al loro livello sierico di vitamina D sufficiente o insufficiente (carente). Sono stati effettuati confronti tra donne con peso corporeo normale prima della gravidanza (BMI 18,5–23,9 kg/m2) e donne in sovrappeso e obese (BMI > 24,0 kg/m2).
ESITI – Dopo aver preso in considerazione altre variabili, tra cui la lunghezza della groppa della corona, gli autori hanno riscontrato che:
- nel gruppo delle donne in gravidanza con un livello insufficiente o carente di vitamina D, la lunghezza della groppa della corona – ovvero la misurazione del feto dalla sommità della testa al fondo delle natiche – era ridotta ed il rischio di restrizione della crescita fetale era superiore del 13% rispetto al gruppo di donne con un livello di vitamina D sufficiente;
- un risultato analogo è emerso anche per le donne in gravidanza obese o in sovrappeso, indipendentemente dal loro livello sierico di vitamina D: la lunghezza della groppa della corona era ridotta ed il rischio di restrizione della crescita fetale era superiore del 58% rispetto alle donne normopeso;
- infine, è stato individuato un effetto non desiderabile su entrambi i parametri anche nelle donne obese o in sovrappeso con un livello di vitamina D insufficiente o carente.
“In conclusione, questo studio fornisce informazioni sulla complessa relazione tra le caratteristiche materne e la crescita fetale all’inizio della gravidanza. Livelli sufficienti di vitamina D durante il primo trimestre di gravidanza hanno evidenziato effetti protettivi sulla crescita fetale precoce, principalmente per le donne obese o in sovrappeso”, scrivono gli autori.
“L’identificazione dei fattori che influenzano la crescita fetale del primo trimestre potrebbe facilitare la guida per l’assistenza prenatale e lo sviluppo di interventi dall’inizio della gravidanza o dal periodo pre-concepimento per migliorare gli esiti della gravidanza”, concludono.
FONTE: European Journal of Nutrition

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