L’udito “finissimo” dipende da meccanismi cerebrali
Riuscire ad ascoltare conversazioni in ambienti rumorosi dipende da due marcatori della funzione cerebrale: la scoperta potrebbe aprire lo scenario a nuove forme di misurazione della perdita di udito.
C’è chi ha problemi di udito e chi, al contrario, è in grado di ascoltare un sussurro a distanza di svariati metri o in presenza di rumori. Popolarmente definito udito sopraffino – ma anche “udito finissimo” – questa capacità di seguire una conversazione anche in contesti chiassosi dipende da alcuni meccanismi cerebrali. In particolare, una ricerca realizzata dai ricercatori del Massachussets Eye and Ear ha evidenziato il ruolo specifico di una coppia di biomarcatori della funzione cerebrale.
La scoperta è rilevante perché apre lo scenario a nuove possibilità di diagnosi della perdita di udito. Gli autori, infatti, hanno sottolineato che i metodi convenzionali di misurazione non riescono a spiegare alcuni casi di riduzione dell’udito. Soprattutto i casi di “perdita nascosta dell’udito”, ovvero quando il danno avviene a livello delle connessioni tra cellule nervose presenti nell’orecchio e nel cervello.
Udito e marcatori della funzione cerebrale: lo studio
I ricercatori hanno ricavato i dati di oltre 106 mila pazienti, il periodo di studio è durato circa 16 anni. Gli esperti hanno riscontrato che 1 paziente su 10 non presentava evidenze cliniche di perdita dell’udito nonostante il 45% di queste persone lamentasse problemi d’ascolto.
Per comprendere meglio la questione, gli esperti statunitensi hanno reclutato 23 ascoltatori – giovani e di mezz’età – che facevano parte di questo campione sottoponendoli ad un’ulteriore fase di studio caratterizzata da questionari e misurazioni oggettive dell’udito.
Dopo aver constatato le difficoltà uditive di queste persone attraverso due serie di test per valutare la capacità di codifica del suono ed il livello d’attenzione dei pazienti nei confronti degli interlocutori, attraverso una misurazione del diametro della pupilla, gli esperti sono arrivati ad identificare i biomarcatori responsabili della capacità d’ascolto in presenza di rumori.
L’ESITO – Chi riesce a seguire conversazioni in contesti rumorosi senza particolare difficoltà lo deve ad una coppia di biomarcatori della funzione cerebrale: si tratta dei biomarcatori responsabili dello “sforzo di ascolto” e della capacità di elaborare rapidi cambiamenti di frequenza.
Una scoperta che deve portare all’individuazione di “nuove misure e interventi diagnostici per la maggioranza silenziosa, che fatica a seguire le conversazioni in ambienti rumorosi”, sostengono gli autori dello studio, i quali auspicano lo sviluppo di sistemi di monitoraggio dell’udito in grado di valutare il processo di elaborazione d’ascolto che avviene nel cervello.
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