Latticini e rischio di demenza: cosa rivela la ricerca?
La demenza è una malattia che colpisce un numero sempre maggiore di anziani in tutto il mondo. Molti studi si concentrano sulla ricerca di fattori di rischio e di protezione che possono influenzare lo sviluppo di questa condizione.
Un recente studio condotto in Giappone ha indagato sull’associazione tra l’assunzione di latticini e il rischio di demenza incidente negli anziani. I risultati sono sorprendenti e offrono nuove prospettive sulla relazione tra la dieta e la salute del cervello.
Lo studio
I ricercatori hanno condotto un’analisi longitudinale su una vasta coorte di 11.637 anziani giapponesi, non disabili, di età ≥ 65 anni. Durante un periodo di follow-up medio di 5 anni, sono stati raccolti dati sull’assunzione di latte, yogurt e formaggio utilizzando un questionario sulla frequenza alimentare convalidato.
L’assunzione totale di latticini è stata calcolata e suddivisa in quintili. I casi di demenza sono stati identificati attraverso un database dell’assicurazione pubblica per l’assistenza a lungo termine.
ESITI – Durante il periodo di follow-up, 946 partecipanti hanno sviluppato demenza. L’analisi ha rivelato che un basso consumo totale di latticini o una bassa frequenza di assunzione di latte possono essere associati a un minor rischio di demenza incidente.
In particolare, coloro che consumavano latte da 1 a 2 volte al mese mostravano un rischio significativamente ridotto. Interessante è stato anche il risultato relativo al consumo di yogurt, dove i consumatori giornalieri avevano un rischio inferiore di sviluppare demenza.
Tuttavia, i consumatori giornalieri di formaggio sembravano presentare un rischio leggermente maggiore.
I risultati, quindi, suggeriscono che un consumo moderato di latte e yogurt potrebbe essere associato a un minor rischio di demenza, mentre il consumo eccessivo di formaggio potrebbe aumentare il rischio.
Nel complesso, la ricerca evidenzia l’importanza di una dieta equilibrata e di uno stile di vita sano nella prevenzione delle malattie cognitive. Ad ogni modo, si ritiene necessario condurre ulteriori studi per confermare questi risultati e comprendere meglio il meccanismo sottostante.
Lascia un commento