Invecchiamento, fragilità e alimentazione
Caffè e vino sembrano apportare benefici a differenza del consumo di legumi: ecco gli esiti di una ricerca italiana e le osservazioni degli autori.
Negli ultimi 20 anni, l’aspettativa di vita è generalmente aumentata: le proiezioni europee suggeriscono che oltre il 36% della popolazione avrà più di 65 anni entro il 2050. Tale cambiamento impone gravi oneri sui sistemi di assistenza medica e di sicurezza sociale a causa di molteplici malattie croniche e disabilità.
La nutrizione gioca un ruolo centrale nella eziologia multifattoriale della fragilità fisica: comprendere appieno il potenziale dell’alimentazione può aprire nuovi orizzonti di prevenzione e gestione mirata dell’invecchiamento della popolazione.
Su questo blog abbiamo già parlato di uno studio giapponese condotto per fare maggiore chiarezza a riguardo.
Un’ulteriore ricerca è stata condotta recentemente da un team di studiosi provenienti dall’Istituto Nazionale di Gastroenterologia “Saverio de Bellis” di Bari, che ha esaminato le abitudini alimentari di una popolazione mediterranea più anziana con l’obiettivo di profilare alcune caratteristiche dietetiche maggiormente correlate alla fragilità fisica.
Lo studio
Gli autori hanno sottoposto 1.502 persone oltre i 65 anni ad esami clinici, biomarcatori di routine, anamnesi e antropometria. Come parametri per valutare il livello di fragilità dei volontari, i ricercatori hanno applicato i criteri CHS (Cardiovascular Health Study) mentre per valutare la dieta hanno sottoposto i partecipanti ad un questionario sulla frequenza alimentare.
ESITI – Lo studio ha evidenziato le seguenti conclusioni:
- maggiore vulnerabilità delle donne alla fragilità fisica;
- età avanzata e basso livello di istruzione erano maggiormente correlati a fragilità fisica;
- concentrazione di emoglobina glicata più elevata tra i soggetti fragili;
- minor consumo di caffè e liquori da parte dei soggetti fragili rispetto ai non fragili;
- minore assunzione di alimenti con acidi grassi polinsaturi, zinco e cumarine erano legati a maggiore probabilità di fragilità;
- maggiore consumo di legumi tra i soggetti fragili.
“I risultati principali hanno indicato che un minor consumo di vino e caffè, così come un gruppo di macro e micronutrienti guidati da PUFA, zinco e cumarine, così come una maggiore assunzione di legumi, erano collegati alla fragilità fisica, indipendentemente da età, sesso, e livello di istruzione”, scrivono gli autori.
Molto interessante l’ipotesi degli studiosi sulla correlazione riscontrata tra maggiore consumo di legumi e fragilità durante la terza età. Associazione che “può essere inquadrata congiuntamente da una prospettiva culturale e bromatologica. In effetti, soprattutto per gli individui più anziani, motivi culturali, di reddito o anche di salute orale guidano l’abitudine di preferire i legumi alle fonti proteiche animali in questo settore; questo implica sia un minor contenuto alimentare di proteine nobili sia un certo apporto di antinutrienti (es. fitati), che agiscono contro l’assorbimento di alcuni micronutrienti come ferro e zinco”, osservano acutamente i ricercatori.
Per quanto riguarda le bevande, i risultati su caffè e vino possono essere interpretati principalmente da un punto di vista bromatologico, poichè contengono antiossidanti, polifenoli e altri composti bioattivi che esercitano diversi benefici, ma anche sociale considerando la dieta mediterranea e un’esposizione intrinsecamente maggiore a fonti vegetali come frutta, verdura, cereali, noci e olio d’oliva: alimenti che fanno bene alla salute.
“Dal punto di vista dell’alfabetizzazione alimentare a favore di un invecchiamento sano, i nostri risultati suggeriscono che caffè e vino siano una buona scelta alimentare, in attesa di conferme causali su questa associazione”, concludono gli autori.
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