Inquinamento e rischio di morte cardiovascolare
L’esposizione a breve termine al biossido di azoto (NO2) presente nell’aria aumenta il rischio di mortalità totale, respiratoria e cardiovascolare: lo rivela uno studio pubblicato sul British Medical Journal.
È sufficiente un minimo aumento della concentrazione di biossido di azoto (NO2) nell’aria per avere un maggiore rischio di morte per tutte le cause, per motivi respiratori o per motivi cardiovascolari dopo appena 1 giorno di esposizione: lo rivela uno studio pubblicato sul British Medical Journal.
Il biossido di azoto (NO2) è un comune inquinante atmosferico che ha effetti negativi sulla salute della popolazione ed è coinvolto nella formazione secondaria di polveri sottili. La maggior parte della produzione di NO2 è riconducibile al comportamento umano e, in gran parte, deriva dalla combustione di carburante.
Inquinamento nell’aria e rischio mortalità: lo studio
Utilizzando i dati raccolti dal database internazionale MCC Collaborative Research Network, l’obiettivo dei ricercatori era quello di valutare l’impatto a breve termine del biossido di azoto sulle morti giornaliere. L’analisi ha tenuto in considerazione 398 città distribuite in 22 Paesi con reddito medio variabile.
ESITI – Oltre a contribuire all’aumento delle morti totali e le morti respiratorie, anche una minima concentrazione di biossido di azoto contribuisce ad aumentare le morti cardiovascolari.
Nello specifico, per ogni incremento giornaliero di 10 μg / m3 di NO2 nell’aria corrisponde:
- un aumento dello 0,46% del numero di morti totali;
- un aumento dello 0,47% del numero di morti respiratorie;
- un aumento dello 0,36% del numero di morti cardiovascolari.
“Sebbene il carico di mortalità totale possa essere sottostimato poiché i luoghi dello studio non hanno raggiunto completamente il livello globale copertura, questa analisi fornisce prove solide che evidenziano associazioni indipendenti di esposizione a breve termine a NO2 con un aumento del rischio di mortalità totale, cardiovascolare e respiratoria”, affermano gli autori.
Esiti che, concludono gli studiosi, dovrebbero indurre l’OMS a rivedere le attuali linee guida rispetto ai limiti normativi inerenti all’emissione di NO2.
FONTE: British Medical Journal

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