Fumare in gravidanza aumenta rischio obesità infantile e parto prematuro
Il fumo durante il primo trimestre aumenta il rischio da parte del nascituro di avere problemi di sovrappeso nel corso della sua infanzia, inoltre fumare per tutta la gravidanza aumenta anche il rischio di parto prematuro: lo rivela uno studio.
Le future mamme che fumano durante il primo trimestre di gravidanza espongono i bambini ad un rischio maggiore di obesità infantile: questo è quanto suggerisce uno studio pubblicato su Plos Medicine. Invece, secondo gli esiti di questa ricerca, fumare in gravidanza per i primi tre mesi non sarebbe associato ad un maggiore rischio di parto prematuro e, di conseguenza, alla nascita di bambini sottopeso.
Altro discorso, invece, per le donne incinte che fumano durante tutta la gestazione: in questo caso i rischi di nascita prematura sono risultati concreti, oltre al fatto che i nascituri – così come nel caso del fumo “ridotto” ai soli primi tre mesi di gravidanza – abbiano evidenziato una maggiore esposizione, durante l’infanzia, a problematiche di sovrappeso.
I rischi del fumo in gravidanza: lo studio
Un team di ricercatori olandesi provenienti dell’Erasmus University Medical Center di Rotterdam ha raccolto i dati di 229.158 famiglie alle prese con gravidanza e nascita. Il campione osservato era proveniente da Europa e America del Nord, l’età media delle mamme era di circa 30 anni ed il livello d’istruzione era medio-alto. Gli studiosi hanno valutato le correlazioni tra fumo in gravidanza e parto prematuro, quindi l’incidenza delle sigarette sulla nascita di bambini sottopeso. Inoltre, hanno osservato gli effetti nel medio-lungo periodo del fumo in gravidanza, in particolare sul sovrappeso infantile, ed eventuali influenze del fumo passivo in presenza di padri fumatori.
GLI ESITI – “Rispetto alle madri non fumatrici, il fumo materno durante il primo trimestre non era associato a esiti avversi alla nascita, ma era associato a un rischio più elevato di sovrappeso infantile” si legge tra le conclusioni degli autori. Tra gli altri esiti dello studio, è emerso che il fumo paterno incidesse negativamente sia per le mamme non fumatrici che fumatrici. Inoltre, le madri che hanno continuato a fumare oltre i tre mesi di gravidanza avevano statisticamente un rischio maggiore di parto prematuro, nascita sottopeso del bambino e insorgenza di sovrappeso infantile.
“I nostri risultati suggeriscono che rispetto alle madri che hanno fumato durante la gravidanza, le madri che hanno smesso di fumare durante il primo trimestre hanno avuto un rischio ridotto di complicazioni alla nascita”, aggiungono gli autori che sottolineano l’importanza di investire nella prevenzione del fumo per le donne in età riproduttiva prima o all’inizio della gravidanza. A maggior ragione considerando che nascita prematura e obesità infantile rappresentano problematiche piuttosto diffuse. Un trend che può ripercuotersi – nel lungo periodo – anche sulla salute pubblica.
“Le donne incinte dovrebbero comunque essere motivate a ridurre il fumo, anche più tardi durante la gravidanza. Le attuali linee guida – proseguono gli autori – si concentrano solo sulla cessazione del fumo e non sulla riduzione, il che può essere scoraggiante per le donne che hanno difficoltà a smettere di fumare”.
Le prossime ricerche – concludono i ricercatori – dovranno indagare su altri possibili vantaggi per il nascituro e per il parto legati allo smettere di fumare in gravidanza. O, quantomeno, su ulteriori benefici derivanti dalla riduzione del numero di sigarette mentre si vive la dolce attesa.
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