Farmaci antipertensivi e disturbi psichiatrici: c’è un nesso?
Risponde uno studio di associazione genetica pubblicato su JAMA Psychiatry.
Partendo dagli esiti di alcuni studi osservazionali che avevano rilevato una possibile correlazione tra assunzione di farmaci antipertensivi e insorgenza di disturbi psichiatrici, un’equipe di ricercatori ha approfondito la questione adottando un approccio di tipo genetico.
L’obiettivo dello studio era di valutare il potenziale effetto di diverse classi di farmaci antipertensivi su schizofrenia, disturbo bipolare e disturbo depressivo maggiore.
Lo studio
Utilizzando un’analisi di randomizzazione mendeliana a 2 campioni, i ricercatori hanno misurato l’associazione tra una variante a singolo nucleotide (SNV) e l’espressione genica bersaglio del farmaco attingendo da dati sull’eQTL cerebrale e sulla proteina QTL di un ampio campione di pazienti.
I dati sono stati raccolti dal 4 ottobre 2019 al 1 giugno 2020 e analizzati dal 14 ottobre 2019 al 6 giugno 2020.
ESITI – “Una minore espressione genica dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) nel sangue è stata associata a una pressione sanguigna sistolica inferiore di 4,0, ma ad un aumento del rischio di schizofrenia”, si apprende dall’abstract.
È stata riscontrata anche una diretta correlazione tra l’espressione di ACE nella corteccia prefrontale e i livelli di proteina ACE nel liquido spinale cerebrale e plasma.
I risultati, quindi, suggeriscono una possibile associazione tra livelli inferiore di RNA messaggero e proteine ACE e maggiore rischio di sviluppare schizofrenia.
A detta degli autori, gli esiti giustificano una maggiore farmacovigilanza sull’azione dei farmaci ACE-inibitori impiegati per il trattamento dell’ipertensione, in particolare per quelli che agiscono a livello centrale sui sintomi psichiatrici nei pazienti con schizofrenia nonché sul ruolo dell’uso degli ACE-inibitori nella schizofrenia ad esordio tardivo.
FONTE: JAMA Psychiatry

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