Emicrania e ruolo degli acidi grassi polinsaturi
Qual è l’impatto di un’integrazione aggiuntiva di acidi grassi polinsaturi nella prevenzione dei mal di testa? Risponde uno studio pubblicato sul British Medical Journal.
L’emicrania rappresenta uno dei malesseri più ricorrenti tra la popolazione mondiale, ma l’alimentazione può aiutare a ridurne l’impatto? Nello specifico, quale può essere il ruolo degli acidi grassi polinsaturi? Un team di studiosi statunitensi ha provato a rispondere a queste domande attraverso una ricerca i cui esiti sono stati pubblicati sul British Medical Journal.
Lo studio
Gli autori hanno sottoposto 182 partecipanti, con età media di 38 anni, che hanno dichiarato di soffrire di emicrania cronica (dalle 5 volte alle 20 volte al mese) a diversi regimi alimentari per un periodo di 16 settimane. I ricercatori hanno progettato diete con con acido eicosapentaenoico (EPA), acido docosaesaenoico (DHA) e acido linoleico individuate come variabili controllate.
Tutti i partecipanti hanno ricevuto cibi che rappresentano i due terzi del fabbisogno energetico quotidiano, proseguendo al contempo le cure abituali.
Le principali misure di esito riguardava la valutazione del mediatore antinocicettivo nel sangue e del test di impatto della cefalea, ovvero un questionario di sei domande che valuta l’impatto della cefalea sulla qualità della vita. La frequenza del mal di testa è stata valutata giornalmente con un diario elettronico.
ESITI – I due interventi dietetici attivi progettati per colpire i meccanismi biochimici noti per regolare la nocicezione si sono rivelati entrambi efficaci nel ridurre la nocicezione, ovvero la percezione di sensazioni di emicrania. Sebbene le diete non abbiano migliorato significativamente la qualità della vita, aggiungono gli autori, queste variazioni hanno prodotto riduzioni ampie e robuste della frequenza e della gravità del mal di testa rispetto alla dieta di controllo.
“Questo studio fornisce una dimostrazione biologicamente plausibile che il dolore può essere trattato attraverso alterazioni dietetiche mirate nell’uomo. I risultati collettivi suggeriscono meccanismi causali che collegano gli acidi grassi n-3 e n-6 alla nocicezione e aprono la porta a nuovi approcci per la gestione del dolore cronico negli esseri umani”, si legge tra le conclusioni.
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