Disfunzione metabolica e steatosi epatica: c’è un legame?
Prova a rispondere uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Metabolism: ecco gli esiti.
La steatosi epatica non alcolica (NAFLD) si riferisce ad una condizione di ingrossamento del fegato in assenza di un consumo significativo di alcolici e fortemente associata all’obesità. Recentemente, per la precisione nel 2020, un gruppo di esperti ha raccomandato di cambiare il nome in “steatosi epatica associata a disfunzione metabolica” per enfatizzare i fattori di rischio metabolico che sono alla base della progressione di questa condizione.
Se la definizione tradizionale richiede un’evidenza di steatosi che coinvolge una percentuale maggiore del 5% degli epatociti, la nuova definizione – oltre a questo parametro – include anche specifiche avversità cardiometaboliche, indipendentemente dal peso e dalla forma fisica.
Non c’è ancora stata un’accettazione diffusa della MAFLD (Metabolic dysfunction-associated fatty liver disease) come nuova categoria di malattia. In parte perché alcuni gruppi (compresi i pazienti con steatosi ma senza anomalie metaboliche e senza cause secondarie) sono esclusi dalla definizione. Inoltre, sono disponibili ancora pochi dati clinici a supporto di questa nuova categoria.
Al fine di indagare ulteriormente su questa possibile revisione accademica della definizione di steatosi epatica, un team di ricercatori della University of Western Australia ha analizzato diversi studi sulle relazioni tra steatosi epatica, MAFLD e diabete di tipo II.
Diabete e steatosi epatica: le conclusioni dello studio
Le prove disponibili suggeriscono che la probabilità di avere la steatosi epatica associata a disfunzione metabolica (MAFLD) in caso di diabete di tipo II è molto alta, tuttavia – anche se non si soffre di diabete – il grado di steatosi può essere comunque rilevante dal punto di vista prognostico.
“La presenza di fibrosi nei pazienti con MAFLD è un forte predittore prognostico di progressione verso la cirrosi o epatocarcinoma (HCC)”, aggiungono gli autori. “È probabile che ci sia una relazione mutevole e complessa tra diabete di tipo 2 e steatosi epatica associata a disfunzione metabolica”, sottolineano gli studiosi che in seguito suggeriscono il possibile ruolo di nuovi agenti ipoglicemizzanti e alcune terapie per la gestione del rischio cardiovascolare al fine di attenuare lo sviluppo e la diffusione della steatosi epatica.
“C’è bisogno di studi longitudinali ben progettati che catturino il significato di MAFLD in un’era di sostanziali cambiamenti epidemiologici e terapeutici”, concludono gli autori.
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