Depressione giovanile e rischi per la salute: lo studio
I ragazzi tra i 5 e i 19 anni affetti da depressione giovanile corrono un rischio maggiore di malattie somatiche e morte prematura: lo rivelano gli esiti di una ricerca pubblicata su Jama Psychiatry.
La depressione non è una condizione che colpisce esclusivamente la popolazione adulta: bambini e adolescenti, purtroppo, non sono immuni da questa patologia. “Il male del secolo”, come qualcuno l’ha definito. E la depressione giovanile è tutt’altro che un fenomeno insolito. Il trend, infatti, è in crescita e l’attuale situazione di pandemia e conseguente riduzione della vita sociale dei ragazzi sicuramente non aiuta a contenerlo.
Uno studio condotto su circa 1,5 milioni di ragazzi svedesi dai 5 ai 19 anni si è focalizzato su una possibile associazione tra depressione giovanile e rischio di sviluppare malattie sul medio-lungo periodo e, più in generale, sul tasso di mortalità prematura.
Depressione giovanile ed effetti sulla salute
Sul campione totale dei partecipanti, a circa il 2,5% dei ragazzi (poco più di 37 mila partecipanti) è stato diagnosticato un disturbo depressivo. L’età dei volontari alla fine del follow-up era compresa tra 17 e 31 anni.
ESITI – Gli studiosi hanno rilevato 69 sintomi somatici correlati alla depressione giovanile tra cui malattie autoimmuni, disturbi metabolici, problemi gastrointestinali e problemi respiratori. Inoltre, sono state osservate forti associazioni con episodi di autolesionismo nelle donne, disturbi del sonno, epatite virale e mortalità per tutte le cause, tra cui il suicidio.
Secondo gli autori, i risultati di questo studio “suggeriscono che i disturbi somatici e psichiatrici dovrebbero essere considerati quando si studia la depressione giovanile”. Sono necessarie ulteriori ricerche per identificare un’associazione che va oltre alla statistica e che indaghi sui possibili meccanismi biologici alla base della correlazione rilevata e, in generale, della depressione giovanile.
“La scoperta dei meccanismi della malattia può essere utile per individuare obiettivi di intervento a partire dai primi anni di vita”, hanno concluso gli autori.
FONTE: Jama Psychiatry

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