Coronavirus: animali domestici non aumentano diffusione

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gatto sul letto casa

Coronavirus: animali domestici non aumentano diffusione

L’Istituto Superiore della Sanità (ISS) precisa che possono ammalarsi e quindi bisogna proteggerli dall’eccessiva esposizione all’ambiente esterno.

Non ci sono prove scientifiche che evidenzino il ruolo degli animali domestici nella diffusione del coronavirus: lo ribadisce l’ISS (l’Istituto Superiore della Sanità) in una nota ufficiale pubblicata sul proprio sito. Questo non vuol dire che siano immuni al virus, tutt’altro. Infatti, gli esperti suggeriscono che anche loro sono a rischio contagio e che per questo motivo sarebbe auspicabile proteggerli riducendone l’esposizione all’ambiente esterno.

Per il momento sono quattro i casi di animali domestici contagiati: due cani ed un gatto ad Hong Kong e un altro gatto in Belgio, ad ogni modo tutte le infezioni riscontrate sarebbero risultate sempre riconducibili al contagio del proprietario. Quindi, l’avviso rivolto alle persone con sospetta o accertata infezione è quello di tenersi alla larga anche dagli amichetti pelosi. 

«Il dato, per quanto limitato a poche osservazioni, merita attenzione. A questi casi di infezione avvenuta naturalmente, si stanno infatti aggiungendo i risultati degli studi sperimentali effettuati in laboratorio su alcune specie domestiche. Questi confermerebbero la suscettibilità del gatto, del furetto e, in misura minore, del cane all’infezione da SARS-CoV-2», aggiungono gli esperti dell’ISS.

gatto steso sul divano
Gli animali domestici non sono immuni dal contagio di coronavirus, ma non hanno un ruolo nella diffusione.

Animali domestici e coronavirus: altre osservazioni

Pare che tre dei quattro animali contagiati abbiano espresso una forma asintomatica della patologia al contrario del gatto in Belgio che, invece, ha manifestato sintomi tra cui vomito, diarrea e difficoltà respiratorie fino ad un miglioramento che si è registrato a partire dal nono giorno di malattia.    

«Questo rilievo unitamente ai sintomi clinici, fa ipotizzare che l’animale, dopo essere stato esposto al contagio da parte della sua proprietaria, sia andato incontro a una infezione virale produttiva, ovvero accompagnata da una attiva replicazione del virus», osservano gli studiosi dell’ISS.

Seppur si tratti esiti parziali e dettati da tecniche molecolari che non hanno preso in considerazione dati in isolamento virale e, quindi, privi di certezza assoluta, questo primo approccio suggerisce che gli animali da compagnia sarebbero “vittime” e non divulgatori del contagio. Ragion per cui trascorrere del tempo in loro compagnia non solo è sicuro – ovviamente quando le condizioni di salute lo permettono – ma è auspicabile per trascorrere in maggiore serenità questo difficile periodo.

FONTE: ISS

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