Cannabis e coronavirus: potrebbe aiutare a prevenirlo
Uno studio canadese suggerisce che il CBD (cannabidiolo), sostanza psicoattiva contenuta nella cannabis, aiuterebbe a ridurre il rischio di contrarre il coronavirus.
Attenzione: si parla di marijuana medica, non di cannabis intesa a scopo ricreativo. Al contrario, quest’ultima – come evidenziato a più riprese dagli addetti ai lavori – danneggia le vie respiratorie, oltre a rendere più difficile una diagnosi di possibile coronavirus. Fatta questa dovuta premessa, un team di ricercatori canadesi ha osservato gli effetti del CBD – cannabidiolo – sul Covid-19. Andando nello specifico, gli studiosi dell’Università di Lethbridge hanno sperimentato estratti di cannabis su modelli 3D di tessuti umani. Gli esiti della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Preprints.
Cannabis e coronavirus: lo studio
I ricercatori hanno sperimentato più di 1000 diversi ceppi di cannabis, 13 di questi hanno manifestato una certa efficacia nel ridurre i sintomi e nel prevenire l’infezione da coronavirus. In particolare, sembra che alcuni estratti ad alto contenuto di cannabidiolo contribuirebbero a ridurre del 70% i recettori utilizzati dal SARS-CoV-2 per aggredire l’organismo. Su tutti, le proteine Ace-2 e Tmprss-2.
Quindi, bloccando le porte d’accesso del virus, il cannabidiolo potrebbe essere impiegato per la produzione di prodotti di supporto utili sia per il trattamento dei sintomi del coronavirus, sia per ulteriori strategie preventive. Per esempio, suggeriscono i ricercatori, “prodotti per i gargarismi” i quali potrebbero essere utilizzati “sia nella pratica clinica che nel trattamento domiciliare”.
“Considerata l’attuale situazione è necessario considerare ogni opportunità terapeutica”
“Mentre i nostri estratti di maggior successo richiedono un’ulteriore convalida in un’analisi su larga scala e un modello animale, il nostro studio è fondamentale per la futura analisi degli effetti della cannabis medica su COVID-19”, queste sono le parole di Igor (CEO di Pathway RX) e Olga Kovalchuk rilasciate al sito dell’Università di Lethbridge.
“Data l’attuale situazione epidemiologica disastrosa e in rapido sviluppo, è necessario – prosegue Kovalchuk – prendere in considerazione ogni possibile opportunità terapeutica e via. Il nostro team di ricerca sta perseguendo attivamente collaborazioni per condurre studi clinici.”
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