Cancro al colon-retto e ruolo degli acidi grassi
Uno studio condotto da ricercatori provenienti da Harvard ha posto il focus sul possibile ruolo degli acidi grassi rispetto all’insorgenza di cancro al colon-retto, individuando una tipologia che ha presentato una correlazione particolarmente accentuata.
Gli esiti di alcuni studi hanno suggerito il possibile impatto di un’alimentazione squilibrata, ricca di acidi grassi, nell’insorgenza del cancro al colon-retto, in particolar modo per le persone in sovrappeso. Tuttavia, la letteratura scientifica attuale non presenta evidenze su questa correlazione in riferimento a specifiche tipologie di acidi grassi.
Motivo per cui un team di studiosi provenienti da Harvard ha cercato di esaminare in modo completo le associazioni tra assunzione di tipi specifici di acidi grassi (saturi, monoinsaturi, polinsaturi e trans ), fonti di grassi alimentari (animali, latticini e vegetali), acidi grassi individuali e rischio di tumore al colon-retto.
Lo studio
Attingendo da database su studi condotti tra il 1986 e il 2014 sul personale sanitario e su altre professioni della salute, gli autori hanno raccolto i dati di 65.550 donne e 45.684 uomini. L’assunzione dietetica è stata valutata ogni 4 anni utilizzando questionari sulla frequenza degli alimenti. I casi di cancro al colon-retto autoriferiti sono stati confermati attraverso la revisione della cartella clinica.
ESITI – Durante il periodo di follow-up, sono stati riscontrati 2726 casi di tumore al colon-retto. È emerso che l’assunzione di grassi monoinsaturi tendeva ad essere positivamente associata al rischio di insorgenza tumorale. “Questa associazione positiva è stata determinata principalmente dagli acidi grassi monoinsaturi di origine animale”, si legge dall’abstract.
Rispetto alle altre tipologie di acidi grassi, invece, gli autori non hanno riscontrato correlazioni significative.
“Una maggiore assunzione di acidi grassi monoinsaturi di origine animale era associata a un rischio più elevato di cancro al colon-retto”, precisano gli autori. “Ciò potrebbe essere in parte spiegato dalla confusione dovuta ad altri componenti della carne rossa e lavorata”, concludono.
Un motivo in più per limitarne il consumo.
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