Camminare migliora la salute del cervello

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Camminare migliora la salute del cervello

Passeggiare migliora l’afflusso sanguigno al cervello: a rivelarlo sono gli esiti di uno studio pubblicato sul Journal of Alzheimer’s Disease.

Camminare è una buona abitudine per vari motivi: alcuni studi – di matrice statistica – hanno rivelato che riduce il rischio di mortalità per cancro, migliora la qualità del sonno e sostiene il benessere mentale, in particolare quando la passeggiata avviene in prossimità del mare. Dagli esiti di una ricerca pubblicata sul Journal of Alzheimer’s Disease, pare che faccia bene anche alla memoria e, più in generale, all’attività cerebrale.

Esiti che conferiscono alla pratica del camminare un possibile ruolo fattivo nella prevenzione del declino cognitivo riconducibile all’avanzare dell’età.

Lo studio

Diversi esperti attribuiscono alla riduzione dell’afflusso di sangue al cervello, riconducibile alla minore elasticità dei vasi sanguigni, uno dei motivi principali alla base della demenza senile. Per questo motivo, gli autori avevano l’obiettivo di individuare i potenziali benefici del moderato esercizio aerobico per la stimolazione del flusso sanguigno cerebrale. 

I ricercatori hanno incluso nel campione da osservare 70 volontari di entrambi i sessi over 50 (fino agli 80 anni) con un principio di declino cognitivo per un periodo di 1 anno. I partecipanti sono stati sottoposti ad attività fisica di varia intensità e ad esami strumentali che indicassero la rigidità dei vasi sanguigni al fine di valutare l’impatto dei diversi programmi di esercizio aerobico. 

ESITI – Osservando i dati dei 48 pazienti che hanno completato i 12 mesi di test, i volontari appartenenti al gruppo degli esercizi aerobici (passeggiate) hanno manifestato una maggiore elasticità dei vasi sanguigni in prossimità della carotide (collo) e, in generale, un migliore afflusso di sangue al cervello rispetto alla condizione iniziale e ai partecipanti sottoposti allo stretching.

Risultati promettenti che spingono gli studiosi ad effettuare ulteriori verifiche su questa possibile associazione, magari ampliando il campione e spostando il focus su obiettivi più specifici sempre inerenti al cervello come le capacità di apprendimento e di ragionamento.

Insomma, questa ricerca è sicuramente interessante dal punto di vista scientifico, ma non solo: rappresenta anche un incentivo per scendere più spesso a fare due passi, DPCM permettendo.

FONTE: Journal of Alzheimer’s Disease

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