Allergia e coronavirus: nessun collegamento, anzi

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Allergia e coronavirus: nessun collegamento, anzi

In un’interessante intervista rilasciata ai microfoni de La Stampa, il prof. Renato Rossi parla di allergia e di coronavirus. Non solo non c’è alcun collegamento con la pandemia: i soggetti allergici hanno – statisticamente – meno probabilità di ammalarsi.

Senza alcun dubbio, a causa del coronavirus stiamo vivendo la primavera più strana dell’ultimo secolo. Una situazione a dir poco surreale caratterizzata da una quarantena forzata e dal conseguente blocco delle normali attività. Una delle poche cose che in qualche modo ci riporta alla “normalità” primaverile è l’arrivo puntuale dell’allergia, una condizione fastidiosa che coinvolge milioni di italiani. 

Starnuti, occhi rossi e altri sintomi che potrebbero essere associati a quelli influenzali. Ma che nulla hanno a che vedere con il coronavirus. A chiarirlo è il dott. Renato Rossi, docente di Allergologia molecolare al San Raffaele di Milano ai microfoni de “La Stampa”

Allergia, sintomi e numeri

In questo periodo, lo starnuto è percepito a prescindere come un campanello d’allarme, ma non dovrebbe essere così considerando la grande diffusione di questa condizione, come afferma il prof. Rossi: Studi e statistiche ci dicono che oltre 25 milioni di italiani, un bel po’ più di uno su tre, soffre di allergie. E uno starnuto può essere semplicemente legato a quel tipo di patologia”. Numeri importanti e che “negli ultimi decenni sono sempre stati in aumento”, aggiunge l’allergologo.

Sulle motivazioni di questo incremento, il prof. Rossi sottolinea che “le ragioni sono molteplici” e che sono legate anche al cambiamento delle abitudini di vita dei bambini: “Fino ad alcuni decenni fa era normale che i bambini giocassero insieme, in gruppo, nei cortili (…). Il fatto di stare all’aria aperta li faceva “incontrare” con molti più agenti esterni, come i pollini, ma anche come batteri e virus”. Inoltre, la maggiore interazione sociale rappresentava per loro delle “occasioni di scambio diretto con altri bambini. E tra gli scambi possibili ci sono anche le classiche malattie da batteri o da virus”. Insomma, stare insieme per i bambini significava soprattutto fortificare il proprio sistema immunitario.

L’allergia espone maggiormente al coronavirus? 

La domanda sorge spontanea, ma il dott. Rossi rassicura tutti: “No. Anzi le statistiche dicono che chi il sistema diciamo ’’allertato’’ per un’allergia, ovviamente non grave, è anche più predisposto a ’’difendersi’’. Accade così anche per alcuni tipi di tumore”. Nessun aumento del rischio nemmeno per chi è “costretto” a cortisonici o anti-staminici perché “non interferiscono con le nostre difese di fronte al virus”.

Possiamo dire che una persona allergica non rischia di più di una persona senza questo tipo di patologia. E anche che non è potenzialmente un veicolo più favorevole a propagare l’epidemia di Covid-19. Anzi – conclude il prof. Rossi – se mai, risulta essere un individuo più difeso”.

FONTE: La Stampa 

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